Omelia del Vescovo Pietro

Carissimi fratelli e sorelle,
come pellegrini di speranza, siamo oggi qui, a Roma, per vivere insieme – come Chiese di Capua e di Caserta, unite nella mia persona – la grazia del Giubileo e accogliere il dono dell’indulgenza.
A tutti voi, presenti qui in San Pietro, rivolgo il mio saluto e con voi saluto i nostri presbiteri, i diaconi, le consacrate e, in modo speciale, gli anziani e i malati. La partecipazione così numerosa al pellegrinaggio giubilare delle nostre Chiese è motivo di grande speranza.
Il mio pensiero e la mia, anzi, la nostra preghiera, vanno però anche a quanti, impediti per i motivi più diversi, oggi non sono con noi a Roma a vivere il Giubileo.
Un saluto particolare rivolgo i sindaci venuti con noi questa mattina: la vostra presenza al nostro pellegrinaggio, se da una parte testimonia la vostra fede nel Signore Gesù, dall’altra manifesta anche la vostra vicinanza al vostro popolo che, come primi cittadini, siete chiamati a servire. Grazie, perciò, per aver voluto condividere con noi questo giorno: avervi qui con noi è anch’esso un segno di speranza. Con voi prego per le nostre città e i nostri paesi e chiedo al Signore una speciale benedizione per il nostro territorio, segnata da tante ferite, ma ricca anche di tante opportunità di sviluppo e di bene.
Papa Francesco, nella Spes non confundit, ci ricorda che la vita cristiana è, in fondo, un cammino: un cammino verso il traguardo dell’eternità, verso la vita che dura per sempre, e che, in questo cammino, abbiamo bisogno “anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù”.

E noi per questo siamo qui: per vivere un momento forte, di fede e di speranza, un momento di comunione con il Signore e tra noi e con tutta la Chiesa.
Qui, alla sede dell’apostolo Pietro, siamo venuti per ricevere l’abbraccio del Vescovo di Roma e della sua Chiesa che, secondo la celebre espressione di S. Ignazio di Antiochia, presiede alla carità di tutte le Chiese!
Qui vogliamo rinsaldare i vincoli di comunione con il Papa, il successore di Pietro, al quale rinnoviamo la nostra filiale devozione e la nostra obbedienza, consapevoli come siamo che la Chiesa mai si costruisce sine Petro e, sempre, cum Petro e sub Petro. Il Papa è, infatti, per volontà del Signore «il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità tanto dei Vescovi quanto della moltitudine dei Fedeli» (LG 23). Con lui, perciò, vogliamo realizzare una comunione piena, una comunione che, affinché sia effettiva, richiede che sia sempre anche affettiva.
Perciò questa mattina lo abbiamo incontrato, abbiamo ascoltato le sue parole, abbiamo pregato con lui, abbiamo ricevuto da lui la benedizione del Signore e lui ci ha confermati nella fede (cfr. Lc 22, 32) e nella speranza! E noi, dal canto nostro, con la nostra presenza, abbiamo voluto dirgli grazie: grazie per il suo infaticabile ministero, ma anche per l’attenzione alle nostre Chiese che sempre ci testimonia; grazie, in particolare, perché poco più di dieci anni fa volle visitarci, venendo a Caserta in occasione della Festa di Sant’Anna. Fu quella la sua prima visita in Campania, una visita che vide la partecipazione di circa 200 mila fedeli, casertani ma anche capuani. A 10 anni da quella visita, anche per quel dono gli siamo riconoscenti!
Qui a Roma, cogliamo meglio, anche, quale sia il ministero affidato a Pietro e ai suoi successori e, oggi, a papa Francesco, e avvertiamo, ancora più forte, l’esigenza di pregare per lui e di sostenerlo nel suo universale ministero. Sì, carissimi, preghiamo per il Papa e per le sue intenzioni, come lui ogni giorno ci chiede, e domandiamo al Signore che si realizzi la conversione missionaria della Chiesa da lui sognata.

Da questo luogo sentiamo che la vocazione della Chiesa è essere “una” e qui, perciò, avvertiamo ancora di più il bisogno di pregare per l’unità di tutti i cristiani: l’unità delle nostre Chiese particolari, l’unità della Chiesa universale, l’unità di tutte le Chiese con la Chiesa di Roma e il Successore di Pietro, perché si realizzi la preghiera del Signore Gesù: ut unum sint! Che tutti siano una cosa sola! Sì, domandiamo questo dono al Signore, in particolare in questo anno in cui facciamo memoria del Concilio di Nicea che, 1700 anni fa, proclamò quale comune fede della Chiesa la divinità di Gesù Cristo e la sua uguaglianza con il Padre.
Da qui, da questa prospettiva ecclesiale così singolare, guardiamo anche le nostre Chiese di Capua e di Caserta! Le guardiamo forse con occhi diversi: con occhi di tenerezza e di bontà, e le riconosciamo, per quanto povere e peccatrici, unite nella persona di un solo vescovo, come la sposa santa del Signore, la Chiesa di Cristo che partecipa, con tutte le altre Chiese, del Corpo di Cristo, di cui Egli è il Capo!
Qui, carissimi, in questo giorno in cui accogliamo la grazia del Giubileo, come popolo di Dio in cammino, radunato nel celebrare l’Eucaristia, riceviamo anche una Parola: una parola per continuare il nostro pellegrinaggio, quello della vita!
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». È questa la Parola che ci viene consegnata!
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato»: è Gesù ad affermarlo nella Sinagoga di Nazaret. Lo afferma dopo aver proclamato Lui stesso alcuni versi del cap. 61 di Isaia: un brano che non gli è capitato a caso, ma che Gesù stesso sembra aver cercato perché, forse, meglio di ogni altro, esprime la Sua vocazione e la Sua missione. È il testo che abbiamo ascoltato anche nella prima lettura, in cui il profeta parla dell’Unto del Signore, del Messia, e del mandato che egli ha ricevuto da Dio: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4, 18-19).

Dopo la lettura, riavvolto il rotolo del Libro, diversamente da quanto si aspettano i presenti, Gesù non spiega la Parola, non la commenta, non la interpreta; al contrario, fa un annuncio: annuncia un compimento! Quella profezia da Lui letta, si sta realizzando in quel momento. È Lui il Messia atteso. È Lui la buona notizia. È Lui la Verità che dona la vera libertà. Sì, il Messia annunciato è proprio Lui! Il Padre lo ha costituito Cristo! Inizia così la missione di Gesù. E inizia con la parola “Oggi”, una parola che, cara all’evangelista Luca, tante altre volte ritornerà nel terzo vangelo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura». Con quella parola, “Oggi”, Gesù, nella sinagoga di Nazareth, annuncia che con Lui le promesse di Dio si sono compiute. Sì, è Lui il compimento di ogni promessa. In Lui – come scriverà Paolo ai Corinzi – tutte le promesse di Dio sono diventate “sì”. Per questo attraverso di Lui sale a Dio il nostro “Amen” per la sua gloria. (cfr. 2Cor 1,20-21). Sì, la Parola si è compiuta! Il Verbo si è veramente fatto carne!
Carissimi, ciò che è accaduto nella sinagoga di Nazaret, è vero anche per noi, adesso, ora. Anche per noi quella Parola oggi si compie. Nella misura in cui lo vogliamo, essa si può realizzare anche in noi. Il Signore attende soltanto che l’accogliamo, che la prendiamo sul serio, e che diamo credito a ciò che Egli ci ha annunciato.
Carissimi, ogni volta che incontriamo il Signore Gesù, quell’Oggi si rinnova: e, se lo vogliamo, un nuovo inizio si compie nella nostra vita: così fu per i pastori quando gli angeli annunciarono: “oggi è nato il Salvatore”! Così fu per Zaccheo, quando Gesù lo vide sul sicomoro e gli disse: “oggi devo fermarmi a casa tua”! E subito dopo: “oggi per questa casa è venuta la salvezza”! Così fu quando, i presenti alla guarigione del paralitico, operata da Gesù, esclamarono: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”! Così fu per il ladrone pentito, quando Gesù, dall’alto della croce, gli annunciò la grazia del perdono pieno, totale, definitivo: “Oggi sarai con me in paradiso”! E così può essere anche per noi!

Carissimi, l’anno giubilare viene per questo. L’Anno di grazia del Signore è, in realtà, un’occasione per ricominciare! “Il Giubileo, infatti, – ha detto il Papa, proprio in questa sala, qualche settimana fa – è un nuovo inizio, la possibilità per tutti di ripartire da Dio. Col Giubileo si incomincia una nuova vita, una nuova tappa”. Esso è, perciò, per noi un dono: un dono per un nuovo inizio! Anche a noi è offerta questa possibilità! Una possibilità per ricominciare daccapo, una possibilità che ci è donata, anche se portiamo sulle nostre spalle un passato di peccato! Anche tu, perciò, puoi dire come San Gregorio di Nissa: “Oggi ricomincio”, perché la vita cristiana è andare “di inizio in inizio attraverso inizi che non hanno mai fine”.
Se, pertanto, ti riconosci malato, povero, se hai il cuore spezzato, se stai vivendo una situazione di schiavitù, se ti senti afflitto, oppresso, se sei nel lutto, se hai un cuore mesto: non disperare! C’è una bella notizia per te! Nel Suo Figlio, Dio viene per te, oggi! Sì, oggi, Lui viene per te! “Per te, per me, per noi, per ogni uomo e ogni donna. E, sai?, con Lui fiorisce la gioia, con Lui la vita cambia, con Lui la speranza non delude” (Francesco, Omelia della notte di Natale 2024).
Carissimi, siamo presso la Casa del successore di Pietro; tra poco attraverseremo la Porta Santa ed entreremo nella Basilica costruita sul luogo dove l’Apostolo Pietro confessò la sua fede in Gesù fino all’effusione del suo sangue, e che, da allora, ne custodisce il sepolcro. Il passaggio per la Porta, che anche noi vivremo spiritualmente uniti ai milioni di cristiani di tutto il mondo che in quest’anno giubilare faranno la stessa nostra esperienza, richiami alla nostra mente ciò che avvenne un giorno di più di duemila anni fa – era un sabato come oggi – quando, a Cafarnao, venuta la sera, tutta la città si radunò davanti alla porta della casa di Simon Pietro perché aveva saputo che Gesù era là. Quella sera Gesù guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni (cfr. Mc 1,32-34).

Sia così anche per noi oggi. Riconosciamo in quella porta, che tra poco attraverseremo, Cristo stesso che con la Sua morte e resurrezione ha aperto una via nuova e vivente e, accostandoci a Lui con piena fiducia, entriamo tra le braccia del Padre. Sì, è Lui, il Signore Gesù, la Porta santa, la porta della speranza che si è spalancata sul mondo, la porta aperta che ci permette di dire: c’è speranza anche per me! C’è speranza per ognuno di noi. “La speranza, infatti, – dice il Papa – nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce” (Snc, 3). Sì, in Gesù, Dio ha aperto la “porta santa” del Suo cuore.
Con il Salmista, perciò, anche noi, incoraggiandoci gli uni gli altri, possiamo dire: “Riconoscete che il Signore è Dio; / egli ci ha fatti e noi siamo suoi, / suo popolo e gregge del suo pascolo. / Varcate le sue porte con inni di grazie, / i suoi atri con canti di lode, / lodatelo, benedite il suo nome;
poiché buono è il Signore, / eterna la sua misericordia, / la sua fedeltà per ogni generazione” (Sal 100).
Carissimi, il Signore ci conceda di ritornare a casa rinnovati nello Spirito, pronti a dare ragione della Speranza che è in noi. Faccia di noi e delle nostre Chiese un vero segno di Speranza per il mondo, porte aperte, come la casa di Simon Pietro a Cafarnao, perché tanti altri possano incontrare Cristo unica «nostra speranza» e ritrovare così la vera Speranza che non delude.
Ci accompagni Maria, Lei, la Donna della Speranza, la Madre della Chiesa e della Misericordia e ci custodisca nel cammino della nostra vita cristiana. I santi nostri patroni intercedano per noi. Amen
+Pietro Lagnese
Primo febbraio 2025