Ogni anno che passa, sempre più guardo al Natale come alla scelta debole e povera di Colui che ha creato l’universo.
L’incarnazione del Figlio di Dio – il primo mistero della nostra fede – come la volontà per certi versi incomprensibile, di salvare l’uomo condividendo con lui tutto, tranne il peccato.
La nascita nell’emarginata Betlemme richiama la morte – anch’essa emarginata- a Gerusalemme. San Paolo ben lo sintetizza nel prezioso inno della lettera ai Filippesi (2, 6-11) : “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”.
Un bambino che nasce per salvare soffrendo, un Dio che si fa piccolo, umiliandosi fino alla morte. Dovremmo vederci il progetto della nostra vita di cristiani, seguaci non sempre attenti alle finezze del Signore, spesso distratti da altri modelli proposti dal mondo come la ricerca della compiacenza dei potenti, dell’applauso delle folle, della benevolenza di quanti possono moralmente e materialmente aiutarci a “fare del bene”. Un progetto di vita così lontano dal silenzio di Betlemme dalla sofferenza del calvario.
Il Signore ci conceda di comprendere e vivere la Sua volontà aprendo a nostra mente e il nostro cuore.
Santo Natale a tutti.
S.E. Mons. Salvatore Visco
Arcivescovo di Capua