Incontro Nazionale islamo-cattolico a Lampedusa
IL CENTRO FERNANDES MODELLO DI ACCOGLIENZA E DIALOGO INTERRELIGIOSO
L’esperienza pluriennale del Centro Fernandes è stata oggetto di attenzione nell’ambito dell’incontro promosso dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, dal titolo: “sulla stessa barca-viaggio verso una cittadinanza condivisa”. Non un titolo esclusivamente simbolico, ispirato alla famosa espressione di papa Francesco, ma un vero e proprio cammino in barca da Trapani a Lampedusa durante il quale cristiani e musulmani hanno potuto sperimentare insieme la fatica e la bellezza di condividere quel destino comune verso la speranza, che caratterizza l’esperienza di tanti migranti. Ad accompagnarli nelle varie tappe brani tratti dal Libro di Giona, il profeta riconosciuto da cattolici e musulmani, presente nella Bibbia e nel Corano e che secondo la narrazione biblica si trovò anche lui su una nave investita da un temporale con il rischio di colare a picco dalla violenza delle onde. I partecipanti, metà cattolici e metà musulmani, rappresentanti di varie organizzazioni nazionali e locali, hanno lavorato in 9 gruppi per redigere proposte e orientamenti da sottoporre al Dicastero per il dialogo interreligioso. Non un seminario di studi, dunque, ma un confronto vivo tra le esperienze più significative che operano nel segno della fratellanza e dell’incontro con culture e religioni diverse. Tra queste è stato scelto anche il Centro Fernandes, che in quasi trent’anni di attività, ha saputo affrontare questo impegno in un territorio di frontiera, sfidando pregiudizi e paure e costruendo percorsi di integrazione e di pacifica convivenza. Un invito che non è giunto solo dagli uffici della CEI, ma che è stato caldeggiato anche dai vertici della Confederazione Islamica Italiana. “Non mi aspettavo un tale riconoscimento anche dalle comunità islamiche”, ha detto Antonio Casale, direttore del Centro Fernandes. “Questo è stato il motivo di maggior gioia e soddisfazione”. Sin dai primi anni di attività – ha proseguito il direttore- abbiamo aperto le nostre porte ai fratelli musulmani come un normale dovere di accoglienza e solidarietà, offrendo loro spazi di preghiera e di incontro, senza pregiudizi o irrazionali barriere. Lo abbiamo fatto con semplicità e amore nella certezza che come dice papa Francesco: dobbiamo perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Ne è nata un’amicizia ed una stima reciproca che in questo evento ha trovato quasi una sua consacrazione per poter guardare con fiducia al futuro, pensando a nuovi progetti di collaborazione”. Con questa bella testimonianza la Diocesi di Capua, è stata una delle protagoniste dell’incontro interreligioso mostrando non solo che il dialogo è possibile, ma che è anche l’unica strada per affermare la dignità di ogni uomo e costruire percorsi di pace e di reale sviluppo soprattutto nelle situazioni più complesse e difficili. Il Convegno ha avuto il suo punto più alto nello sbarco a Lampedusa, porta d’Europa, dove cristiani e musulmani hanno pregato insieme sulle tombe di tanti migranti ignoti sulle quali è stato deposto un fiore da parte di tutti i partecipanti. Di questa immane tragedia, di cui dobbiamo sentirci tutti corresponsabili, ha dato una toccante testimonianza il parroco di Lampedusa, don Carmelo Rizzi con i suoi ricordi. Il più drammatico è sicuramente il ritrovamento quest’inverno di 7 ragazzi giovanissimi morti assiderati su un barcone. O anche quello dei due fratelli partiti dalla Tunisia su due gommoni diversi, perché così si era raccomandata la madre preoccupata di non perdere entrambi i figli durante la traversata. Oltre ai ricordi anche gli oggetti dei naufraghi, conservati come reliquie, parlano di questa tragedia dimenticata. Pagine rovinate dall’acqua di libri sacri, scritti in lingua araba e tigrino. Ci sono anche dei fogli ingialliti dove sono scritte preghiere e invocazioni a Dio perché protegga il viaggiatore lungo l’attraversamento in mare. Molto probabilmente si tratta di lettere che le madri consegnano ai figli in partenza per l’Europa. Una fede ed una speranza che la Chiesa italiana si sforza di non deludere mostrando il suo vero volto di Madre di tutti, senza frontiere.