DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

Omelia alla Celebrazione.

Capua, Basilica Cattedrale, 5 aprile 2020

Questa Celebrazione, come tutte quelle della Settimana Santa che si apre, viene trasmessa attraverso il sito internet dell’Arcidiocesi. È volutamente anticipata in modo che anche noi, appena terminata la Santa Messa, possiamo seguire quella del Santo Padre. Un saluto a chi eventualmente è collegato con noi.

Papa Francesco – lo ricordiamo tutti certamente – venerdì 27 marzo scorso, alla preghiera appassionata da Piazza San Pietro, ci diceva:

Da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta”. E poi la forte impetrazione: “Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori”.

Abbiamo pregato, dal mercoledì delle Ceneri e fino a venerdì sera, con l’inno ai Vespri della Quaresima: “Accogli, o Dio pietoso, le preghiere e le lacrime che il tuo popolo effonde in questo tempo santo”.

Penso che mai nella nostra vita di sacerdoti, ma credo anche dai tempi della nostra formazione in Seminario, fin dalla stessa nascita, abbiamo vissuto – più esattamente dovrei dire: siamo stati costretti a vivere – questa dolorosa Quaresima. Mai la prima strofa dell’Inno ai Vespri pregato al tramonto di ogni giorno è stata vissuta non solo simbolicamente ma cruentemente nella carne. Particolarmente i fedeli laici sperimentano il disagio: dai bambini bloccati in casa e incapaci di contenersi, agli anziani soli, ai malati gravi, ai morti senza conforto, a quelli che restano in pianto, impediti anche dal dare l’ultimo saluto. Tutti comunque, in qualche modo, partecipiamo inerti e costretti a stare lontano, al dolore che genera dolore.

Diventa necessario un supplemento di fede, chiedere fortemente al Signore di farci sentire la Sua presenza.

In questa situazione siamo chiamati non solo a guardarci attorno forse smarriti ma, come cristiani, insieme a tante persone coraggiose e generose già attente alle difficoltà visibili o nascoste di tanti che stentano a vivere, sentirci doverosamente tutti coinvolti nella vicinanza e condivisione delle necessità di quanti hanno bisogno, specialmente quelli che già non avevano lavoro, lo hanno perso, o non lo possono esercitare.

Con l’aiuto di Dio l’umanità intera e il nostro Paese usciranno da questa tragedia, ma ci saranno tante ferite da rimarginare. Questo richiederà tempo durante il quale non dovremo dimenticare i giorni della privazione per tutti e tentare di alleviare le sofferenze della parte più povera del nostro popolo.

Abbiamo letto il brano del Vangelo della Passione secondo Matteo che riporta il grido di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. È anche nostro il grido di Gesù che sta pregando col salmo 21, una preghiera piena di speranza.

L’Evangelista ne riporta solo l’inizio, il primo versetto, ma non il seguito che in parte abbiamo pregato nel Salmo responsoriale: “Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni in mio aiuto”; la preghiera però continua come un inno alla speranza in Dio che: “non ha disprezzato l’afflizione del misero, ma al suo grido di aiuto, lo ha esaudito”. È il versetto 25, quasi la conclusione di questa antichissima preghiera che, sulla bocca di Gesù, esprime il totale abbandono al Padre.

Facciamo nostra la professione di fede del salmista: “Crediamo fermamente che tu Signore ascolti la nostra supplica”, seguiamo l’invito che il Sommo Pontefice ci ha trasmesso nel videomessaggio di questo venerdì: “Non spegniamo la fiammella smorta … e lasciamo che riaccenda la speranza”; “Utilizziamo al meglio questo tempo … con la creatività dell’amore”.

Signore, non permettere che si sentiamo abbandonati da Te.

Non farci abbruttire nel dolore,

svilire per la paura.

Donaci di sentire la dolcezza del tuo abbraccio paterno,

e la fortezza della tua mano che stringe la nostra. Amen.

✠ Salvatore, arcivescovo