Quando venne la pienezza del tempo (Gal 4,4)
Carissimo, carissima,
la Quaresima di quest’anno porta con sé tante speranze insieme con le sofferenze, legate ancora alla pandemia che l’intera umanità sta sperimentando ormai da oltre due anni. Per noi cristiani questi quaranta giorni, però, non sono tanto l’occasione per rilevare i problemi quanto piuttosto per prepararci a vivere il mistero pasquale di Gesù, morto e risorto. Sono giorni in cui possiamo convertirci ad un modo di stare nel mondo da persone già risorte con Cristo (cfr. Col 3,1). La Chiesa come comunità e il singolo credente hanno la possibilità di rendere questo tempo un “tempo pieno” (cfr. Gal 4,4), cioè pronto all’incontro personale con Gesù.
Questo messaggio, dunque, vi raggiunge come un invito a una triplice conversione, urgente e importante in questa fase della storia, in particolare per le Chiese che si trovano in Italia: conversione all’ascolto, alla realtà e alla spiritualità.
Conversione all’ascolto
È un tempo di ascolto, quello della pandemia. È un ascolto della voce degli esperti che mettono in luce quanto la scienza sia fallibile, ma l’ascolto anche dei più piccoli e in particolare dei bambini e degli adolescenti che a causa del Covid hanno subito molte privazioni. L’ascolto dei piccoli, degli ultimi, inoltre, si rivela particolarmente prezioso perché ripropone esattamente lo stile di Gesù. Infine, ma non per ultimo, l’ascolto del grido dei parroci e dei catechisti, che vedono diminuita la partecipazione alle attività e alla vita della Chiesa rispetto a prima. L’ascolto cui siamo invitati, però, deve essere sempre un ascolto empatico, partecipe, che comunica un livello di attenzione massimo verso l’altro, interpellati in prima persona ogni volta che un fratello si apre con noi. Nella Bibbia è anzitutto Dio che ascolta il grido del suo popolo sofferente e si muove con compassione . Ma poi l’ascolto è l’imperativo rivolto al credente, che risuona anche sulla bocca di Gesù come il primo e più grande dei comandamenti.
Conversione alla realtà
Qual è “la pienezza del tempo”? Dio l’ha riconosciuta nel periodo storico in cui ha mandato Gesù a incarnarsi nel mondo ed è proprio la presenza del Figlio tra noi a provare definitivamente quanto la nostra realtà storica sia importante agli occhi del Padre. Ancorarsi alla realtà storica è fondamentale per i cristiani: significa obbedire al presente senza abbandonarsi ai rimpianti né cedere alla paura. La caratteristica del cristiano è, dunque, la perseveranza: la fede non è una bacchetta magica, essa rifugge le scorciatoie e le semplificazioni, ma benedice la pazienza cristiana, il restare saldi nell’impegno con gli occhi fissi sul bene comune e non per un vantaggio egoistico o di parte. Non è stata forse questa “la pazienza di Cristo” (2Ts 3,5), che si è espressa in sommo grado nel mistero pasquale? Non è stata forse questa la sua ferma volontà di amare l’umanità senza lamentarsi e senza risparmiarsi (cfr. Gv 13,1)? Come comunità cristiana, oltre che come singoli credenti, dobbiamo riappropriarci del tempo presente con pazienza e restando aderenti alla realtà.
Conversione alla spiritualità
Cogliere “la pienezza del tempo” significa cogliere anche l’azione dello Spirito nel tempo, che lo rende sempre un tempo “opportuno”. Essere protagonisti del proprio tempo in ottica cristiana vuol dire, quindi, viverlo attraverso la fede nel Padre misericordioso, la carità nei confronti degli ultimi e la speranza in un rinnovamento interiore delle persone. Ecco, dunque, che la Pasqua, e ancora prima, vivere ad essa con la Quaresima, significa riconsiderare la storia nell’ottica dell’amore, anche se questo implica farsi carico della propria croce e di quella altrui, ma significa anche accomodarsi alla sequela di Cristo in modo nuovo: sfruttando ogni occasione per mostrare a tutti quanto è grande l’amore del padre verso l’umanità.