Capua, Basilica Cattedrale – 15 aprile 2019
Il brano di Isaia, letto come prima lettura di questa celebrazione eucaristica all’inizio della Settimana Santa, è una visione del profeta che poco più di cinque secoli prima della venuta del Messia, tratteggia i contenuti e lo stile con cui Gesù caratterizzerà la sua predicazione e il suo agire.
Dice il profeta: Il Messia “Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità” (Is 42,2-3; Mt 12,15-21 che riprende e attualizza).
La testimonianza di Cristo non è segnata da proclami tuonanti, la sua parola è decisa e suadente “proclamerà il diritto con verità”, ma senza le asprezze dei discorsi presuntuosamente apodittici comuni purtroppo anche ai nostri giorni.
Non spezzare la canna incrinata e non spegnere del tutto una fiammella che a stento riesce ancora a restare accesa, significa che Gesù dà spazio a tutti e a tutti dona la sua misericordia ravvivando il bene nascosto nell’intimo di ogni uomo.
Ieri quelli che hanno partecipato alla Messa della Domenica delle Palme hanno ascoltato il Vangelo della Passione raccontato dall’evangelista Luca; anche dalla croce il Signore perdona, anche dalla croce non dimentica di accogliere e aprire un futuro di speranza. Al buon ladrone promette il Regno: “Oggi sarai con me nel Paradiso” (Lc 23,43).
Gesù in tutta la sua vita ha decisamente sconvolto la logica egoistica dei ragionamenti umani: la piena realizzazione della vocazione dell’uomo non sta nel potere, nella grandezza, nell’essere considerati importanti ma nell’amore solidale, che si apre al servizio e alla vicinanza per gli altri.
Il criterio di giustizia umana che oggettivamente sembra reclamare l’immediata punizione del reo e la vendetta sui cattivi e su coloro che con acredine accusano falsamente gli innocenti, è superato da quanto Gesù, in agonia sulla croce, pronuncia: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34a), cosa non facile da comprendere e, ancora più difficile, da condividere.
Il brano del Vangelo di Giovanni, ora proclamato ci narra un episodio avvenuto a Betania in casa di un amico di Gesù, Lazzaro, che precedentemente era stato da Lui risuscitato. Una delle sorelle di Lazzaro – Maria – compie un gesto di grande devozione e riconoscenza per il Maestro: cosparge con il nardo, un profumo di grande valore, i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli.
La reazione di Giuda e il pesante commento dell’evangelista Giovanni su quanto Giuda aveva detto (Cfr Gv 12,4-6), vengono serenamente superati dall’intervento dello stesso Gesù: “Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12, 7-8).
Le parole di Gesù acquistano un valore ancora più significativo perché pronunciate a pochi giorni dalla Sua Passione e morte. È un preludio al Suo Testamento che trasmetterà ai discepoli durante l’ultima cena “Vogliatevi bene, fate in modo che gli altri vi riconoscano come miei discepoli proprio da questo” (Cfr Gv 13,34-35). Il ricordo dei poveri “li avete sempre con voi” è fondamentale per Gesù. Lo aveva detto quando preannunciò il giudizio finale in quel bellissimo discorso riportato dal Vangelo di Matteo: “Venite benedetti dal Padre mio perché mi avete dato da mangiare, da bere, mi avete vestito, mi avete accolto quando ero forestiero, visitato quando ero malato o in carcere”, con la conseguente meravigliata domanda: “Quando ti abbiamo fatto questo?” e la susseguente risposta del Re: “Ogni volta che l’avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli che avevano bisogno, l’avete fatto a me” (Cfr Mt 25,34-40).
“I poveri, i bisognosi, coloro che aspettano di essere aiutati li avete sempre con voi” (Cfr Gv 12,8).
È l’attenzione e l’impegno che il seguace di Cristo assume come necessario complemento della sua Fede, tentando – nella condivisione – di aiutare a superare situazioni di difficoltà che incontra nel cammino della vita. Attenzione e impegno che lo rende non solo persona perbene, buon cittadino che compie il proprio dovere ma lo manifesta come cristiano che riconosce in chi ha bisogno lo stesso Gesù.
Questo vale anche per voi, uomini in armi, e non vi sembri fuori luogo o inappropriato ricordarlo. L’esercito italiano infatti è costituito non solo per la difesa della Patria ma anche per essere garanzia di pace e solidarietà; è l’art. 11 della Costituzione. In questi anni, realizzando progetti non sempre compresi, i militari italiani hanno portato in diverse nazioni e in scenari di violenza e di guerra, i valori della giustizia e del rispetto reciproco, della solidarietà e dell’accoglienza anche in condizioni drammatiche purtroppo non ancora completamente risolte.
I nostri missionari presenti nel mondo ci hanno sempre testimoniato che – tra le forze armate di coalizione – contro il terrorismo e le ingiustizie, negli interventi in situazioni di calamità e disastri, i soldati italiani si sono sempre contraddistinti, più degli altri, per generosità e impegno e hanno raccolto la gratitudine e la simpatia delle popolazioni oppresse dalla cattiveria degli uomini o, talvolta, dagli sconvolgimenti drammatici della natura. Sembra di risentire le parole di Gesù che apprezza il gesto di Maria, la sorella di Lazzaro che gli ha donato il prezioso profumo: “I poveri, i bisognosi, coloro che aspettano di essere aiutati li avete sempre con voi”.
Il Signore vince la morte con la Sua Risurrezione assumendo in sé il più grande limite umano. La Sua Risurrezione diventa preludio della nostra; ma non solo. Egli supera il dolore e la sofferenza ricordandoci che attraverso di noi – suoi collaboratori e testimoni – continuiamo la Sua opera di salvezza riconoscendolo in coloro che sperimentano situazioni di dolore, sofferenza, emarginazione. Con l’aiuto di Dio viviamo questi giorni in preparazione alla Pasqua ormai prossima, aprendo il nostro cuore a quanto il Signore ci suggerirà nel segreto dell’anima.
✠ Salvatore, arcivescovo