Capua, Basilica Cattedrale
19 maggio 2018
Saluto tutti voi qui radunati per la celebrazione della solenne Veglia di Pentecoste, compimento – al cinquantesimo giorno – della Pasqua del Signore Risorto.
Sono tre gli appuntamenti celebrativi nei quali il vescovo può impartire la benedizione papale con annessa l’indulgenza plenaria per la remissione della pena dovuta per i peccati. Nella nostra Chiesa locale abbiamo scelto la Messa Crismale del Giovedì Santo mattina, la Solennità del Patrono San Roberto Bellarmino e la celebrazione di questa sera, la Veglia di Pentecoste.
Il Santo martire Ignazio, vescovo di Antiochia nei primi decenni dell’era cristiana, scrisse sette splendide lettere che testimoniano il suo impegno di tenace pastore nell’esempio e nell’entusiastica esortazione a restare saldi nella fede durante le persecuzioni. Sono un invito anche per noi che non sperimentiamo, come tanti nostri fratelli in altre parti del mondo il martirio cruento, ma viviamo le sfide dell’ateismo pratico e dell’emarginazione culturale subendo scelte sociali in evidente contrasto con i principi evangelici rischiando di adeguarci, senza accorgercene, al sentire comune che sembra voler costruire una convivenza umana senza Dio; le conseguenze vengono simbolicamente descritte dal brano del libro della Genesi, la torre di Babele. Da soli non riusciamo a contrastare questa deriva che sembra inarrestabile, anzi spesso ne siamo pesantemente condizionati. Abbiamo bisogno della forza di Dio e dobbiamo chiederla insistentemente per evitare di vanificare la nostra identità di seguaci di Gesù.
Ignazio in una di queste lettere, quella agli Efesini, parlando dell’efficacia della preghiera dice: “Se ha tanta potenza la preghiera di uno ο di due, quanto maggiore non ne avrà quella del Vescovo e di tutta la Chiesa?”. Con questa espressione richiama implicitamente le parole di Gesù riportate dall’evangelista Matteo: “In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 19-20). Per questo commenta; “Se ha tanta potenza la preghiera di uno ο di due, quanto maggiore non ne avrà quella del Vescovo e di tutta la Chiesa?”.
Carissimi fratelli e sorelle, le parole del santo martire devono essere accolte e impresse nel nostro cuore. La celebrazione di questa Eucaristia avrà una straordinaria potenza se crediamo veramente nell’efficacia della preghiera. È questo il motivo principale del nostro convenire questa sera nella Basilica Cattedrale. Siamo radunati in preghiera perché vogliamo essere inondati dallo Spirito, perché siamo convinti che solo con i suoi doni saremo trasformati e potremo collaborare a rinnovare la terra. Per questo insisto tanto perché le Parrocchie, i Gruppi, i Movimenti, le Associazioni, il Cammino neocatecumenale siano presenti: non perché penso di essere più bravo di altri a esporvi la Parola di Dio ma perché la preghiera del vescovo con la sua Chiesa ha una potenza carismatica e taumaturgica che ci trasforma e ci rende – non per nostro merito – trasparenza del bagliore di Dio. Potenza carismatica, ricordiamoci delle parole di San Paolo: il dono più grande è la Carità, l’Amore (Cfr. 1 Cor 13, 1-13). Potenza taumaturgica: il miracolo più strepitoso è la conversione, il cambiamento del cuore.
Viviamo un momento storico, come del resto hanno vissuto in maniera analoga i cristiani che ci hanno preceduto nel passato, segnato dall’indifferentismo verso il trascendente e può sembrare che la Bella Notizia del Vangelo non sia per niente recepita o vada inutilmente dispersa. Dobbiamo invece essere persuasi che l’evidente splendore della Verità illuminerà le tenebre più oscure e che l’annuncio testimoniante della Parola di Dio non si disperde ma viene seminato in attesa della crescita che solo il Signore può realizzare. È questa la vera esperienza della Pentecoste che sperimentano gli apostoli mentre comunicano l’annuncio della gloriosa risurrezione di Gesù.
Che anche per noi, questa Pentecoste sia una vera esperienza dello Spirito che ci dia il coraggio di spalancare le porte e annunciare a tutti, con la nostra vita onesta e gioiosa, che il Signore Risorto ha vinto la morte e il peccato.
Crediamo fermamente che il nostro essere qui ad invocare il dono dello Spirito Santo, come gli apostoli con Maria nel cenacolo a Gerusalemme, è il modo più idoneo e opportuno per superare gli ostacoli dell’egoismo, uscire dal pantano dei peccati, liberarsi dalle schiavitù che ci impediscono di esprimere con gioia la libertà dei figli di Dio.
Intraprendiamo pure tutte le iniziative che favoriscono l’annuncio nella multiforme varietà delle diverse esperienze ecclesiali, ma siamo innanzitutto convinti che è più importante la preghiera che apre alla Grazia perché la nostre parrocchie e le nostre aggregazioni diventino isole di fraternità in un mondo dissociato e diviso. In questo modo i cristiani, forti della forza dello Spirito, potranno contribuire a risanare le fratture inutili e dannose nelle nostre famiglie, nella società e talvolta purtroppo anche nella stessa Chiesa.
Nell’orazione della seconda lettura di questa celebrazione abbiamo chiesto al Signore di fare un rogo solo dei nostri orgogli, di distruggere gli odi e le armi di morte e accendere in noi la fiamma della Sua carità.
Il superamento della confusione babelica che rifiutando Dio impedisce all’uomo di essere capace di accogliere e comunicare col fratello, avviene nell’apertura al dono dello Spirito. Il brano evangelico ora proclamato ci riporta il grido di Gesù: “Se qualcuno ha sete venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva: Questo disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in Lui” ( Cfr. Gv 7, 37-39).
“Se ha tanta potenza la preghiera di uno ο di due, quanto maggiore non ne avrà quella del Vescovo e di tutta la Chiesa?”. Ne siamo convinti? Ci crediamo veramente?
Viviamo con intensità questo momento di Grazia che il Signore ci dona anche quest’anno e prepariamoci, con la forza dello Spirito, a spendere la nostra vita per impegnarci a realizzare il comando del Signore: “Amatevi come io vi ho amato”.
Tra poco i rappresentanti delle diverse aggregazioni laicali presenti nella Consulta, porteranno a ciascuno di voi la luce accesa dal cero pasquale, segno del Cristo Risorto. È un simbolo che rappresenta la diffusione della luce della fede, la Traditio Fidei, trasmissione della Fede che si comunica soprattutto attraverso la testimonianza della vita. Con la candela accesa rinnoveremo le promesse battesimali: No a Satana e alle sue opere e seduzioni, Sì al Dio Uno e Trino. Confermeremo che vogliamo vivere la nostra esistenza nella Chiesa, comunità dei credenti che è una, santa, cattolica e apostolica, e che – insieme a coloro che ci hanno preceduto nella Patria beata (la Comunione dei Santi) – siamo anche noi protesi verso la risurrezione e la vita eterna, perché certi della misericordia di Dio.
Carissimi sacerdoti, diaconi, religiose, seminaristi e fedeli laici,
da lunedì a giovedì prossimi, con tutti i vescovi d’Italia, sarò a Roma per la nostra assemblea annuale. Il primo giorno incontreremo Papa Francesco che introdurrà i lavori e si intratterrà per darci le sue indicazioni e ascoltarci.
Come fa sempre, al termine dell’incontro, ci saluterà tutti singolarmente. Poiché, come sapete, non manca mai di raccomandarsi alle nostre preghiere, nei pochi minuti che ci saranno concessi nel saluto, gli dirò che i fedeli di Capua gli vogliono bene e che sempre, accogliendo il suo invito, pregano per lui.
Maria Santissima, Madre della Chiesa ci custodisca nei santi propositi, ci accompagni nella faticosa testimonianza, ci protegga nel nostro non sempre facile cammino.
Lei – esperta di Spirito Santo – inondata nella Sua Immacolata Concezione dalla Potenza dell’Altissimo, ci sostenga nelle nostre umane fragilità perché, con la Grazia che il Signore ci elargisce, facciamo della nostra esistenza una perenne esperienza della presenza dello Spirito in una quotidiana, entusiastica, e sempre rinnovata Pentecoste. Amen.
✠ Salvatore, arcivescovo