Chiesa di San Francesco – Casanova di Carinola, 24 novembre 2019
“Scendi dalla croce e ti crederemo”. È l’invito beffardo dei capi del popolo cui si associano i soldati: “Se sei il re dei Giudei, salva te stesso”. Nel pretorio l’avevano già deriso: “Salve, Re dei Giudei!” incoronandolo di spine e dandogli schiaffi (cfr. Gv 19,3 – Mt 27, 29 – Mc 15, 18-19).
Gesù non scende dalla croce, perché solo con la croce potrà salvare il mondo dal peccato mentre offre a tutti, nella sofferenza, il suo perdono.
San Paolo, nel passo della lettera ai Colossesi letto come seconda lettura, lo sottolinea: “È piaciuto a Dio che … per mezzo di lui ed in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” (Col 1, 20). Nel capitolo successivo al brano oggi presentato alla nostra riflessione, troviamo una frase lapidaria che più di altre esprimono il grande valore del sacrificio di Cristo; dice Paolo: “Egli ha annullato il documento scritto contro di noi… lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce” (cfr. Col 2, 14).
Nel brano del Vangelo di oggi, San Luca, unico tra gli evangelisti, aggiunge il particolare della promessa al buon ladrone: “Oggi sarai con me nel paradiso”.
Carissimi fratelli, celebriamo questa Eucaristia nella Solennità di Cristo, Re dell’Universo (domenica prossima è la prima di Avvento, il tempo di preparazione al Natale); in questa celebrazione che conclude l’anno liturgico, per scelta dei Frati Minori è inserita l’ordinazione diaconale di fra’ Domenico.
- E. Mons. Franco Piazza, vescovo di questa diocesi non è riuscito a liberarsi da un precedente impegno e mi ha chiesto e autorizzato a presiederla.
Gesù è Re, ma che Regno è il suo? Lo richiama la prima lettura di oggi col ricordo di Davide unto re a Ebron e in seguito, nella letteratura profetica, evocato come immagine del futuro Messia. Lo spiega il brano parallelo di Giovanni; a Pilato che chiede spiegazioni, Gesù risponde: “il mio Regno non è di questo mondo … io sono venuto a rendere testimonianza alla verità” (cfr. Gv 18, 37). In un altro passo del Vangelo del quarto evangelista aveva affermato che la verità non è un concetto astratto, è lui stesso, è la sua persona che la incarna: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14, 6).
Cosa dice Gesù del Regno che è venuto a inaugurare? Che è già in mezzo a noi (cfr. Lc 17, 21); nella preghiera del Padre nostro ci invita a ripeterlo ogni volta: “Venga il tuo Regno” collegato all’altra invocazione “Sia fatta la tua volontà”. Ciò vuol dire che se la volontà del Padre si compie naturalmente in cielo, è fondamentale per compierla in terra, l’impegno dei seguaci di Gesù corroborati dalla Grazia divina. La zelante sollecitudine dei cristiani è importante soprattutto per scoprire i segni della presenza del Regno e renderli manifesti agli altri nel mondo da sempre distratto da altro, spesso condizionato da quello che oggi viene definito “pensiero unico” che evita il retto discernimento eliminando il confronto, assolutamente incapace di vera libertà interiore e fondamentalmente influenzato da logiche di potere che escludono Dio dall’orizzonte umano, in una deriva immanentista che si accorge esclusivamente di quello che si vede e si tocca.
Gesù insegna altro: Il Regno di Dio si può paragonare ad un granello di senape che è quasi invisibile, eppure diventa un albero sul quale vanno a nidificare gli uccelli; è come un pezzetto piccolissimo di lievito, ma serve a far fermentare tutta la massa del pane. Impegnarsi alla costruzione del Regno, scoprendo prima in noi stessi la presenza di Dio è il primo compito del credente, accorgersi cioè della presenza del Signore che continuamente opera per la nostra salvezza. Ricordo e ripeto spesso la riflessione di S. Agostino su questo punto. La frase del grande Dottore della Chiesa è questa: “Timeo transeuntem Deum” che tradotta letteralmente significa “Temo Dio che passa”; ma la traduzione letterale non spiega pienamente il senso del pensiero di Sant’Agostino.
Il significato è più complesso: “Temo – dice Agostino – di rischiare di non accorgermi della presenza di Dio nella mia vita”. È un pericolo grande che inficia l’esistenza dell’uomo che, distratto dalle cose materiali, si rende incapace di percepire la presenza dell’Onnipotente. Inficia talvolta anche il nostro impegno di credenti che nelle difficoltà ci sentiamo soli, dimenticando quanto ci ha detto Gesù e riportato dall’ultimo versetto del Vangelo di Matteo che così si chiude: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt, 28, 18).
Carissimo fra’ Domenico, rispondendo alla vocazione hai sentito la presenza del Signore che ti chiamava, ora stai per ricevere il Sacro Ordine del Diaconato; la vocazione al servizio umile e disinteressato l’hai già scoperta scegliendo di entrare tra i Frati Minori seguendo l’esempio di San Francesco, povero e umile. Oggi ti viene conferito il sigillo sacramentale del servizio. Lo vivrai nella Fraternità di S. Maria Capua Vetere, Arcidiocesi di Capua dove già sei stato destinato e nella parrocchia che è affidata alla Comunità. Lo vivrai da Diacono durante periodo che i tuoi superiori decideranno, fino a quando sarai ammesso all’Ordine Sacro del Presbiterato continuando sempre a imitare Gesù – il Signore e il Maestro – “che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (cfr. Mc 10, 45).
La Parola che ci viene affidata non è nostra, non siamo padroni della Parola di Dio, ma suoi servitori. Nel rito dell’ordinazione episcopale c’è un gesto molto significativo che potrebbe sfuggire tra i diversi simbolismi che arricchiscono la Liturgia, un segno che ricordo sempre: sul capo del Vescovo appena ordinato e che è in ginocchio, viene mantenuto da due diaconi il Vangelo aperto. Il Vescovo non possiede la Parola, ma è sottoposto alla Parola di Dio e solo così può esserne veramente l’annunciatore. Questo vale per tutti coloro chiamati all’annuncio gioioso del Vangelo: Ministri ordinati, consacrati e fedeli laici.
Al termine della preghiera di ordinazione, dopo aver indossato la stola diaconale e la dalmatica, prima di scambiare l’abbraccio di pace con gli altri diaconi presenti, ti avvicinerai al Vescovo che ti consegnerà il libro dei Vangeli con queste parole: “Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore, credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.
Credi, insegna, vivi: l’esortazione finale è un invito alla coerenza tra Fede, Ministero e Vita. Nel servizio diaconale ti viene affidato ufficialmente il compito di annunciare il Vangelo con la parola e l’esempio: i fedeli laici comprendano che quanto annunci è espressione di intima convinzione, che quanto trasmetti è quanto hai ricevuto dalla Chiesa e che parli soprattutto con la testimonianza della vita in profonda unione col Sommo Pontefice, Successore dell’apostolo Pietro e – come prometterai tra poco prima del canto delle litanie dei Santi – in piena obbedienza ai tuoi superiori.
Ringraziamo il Signore per questo momento di Grazia. Lo ringrazia tuo padre dal cielo, tua mamma, i tuoi fratelli e le tue sorelle di sangue, il tuo Superiore Provinciale, i confratelli di questa Comunità, i fedeli che frequentano questa chiesa di San Francesco, quelli della Parrocchia nella quale sei stato battezzato e hai emesso la Professione solenne, la tua Diocesi di origine e anche la Chiesa di Capua che ti avrà per qualche tempo membro della Fraternità nella Parrocchia di S. Maria delle Grazie.
Ti affido alla materna protezione della Vergine Maria e alla fraterna intercessione del Serafico Padre San Francesco: la luce della tua testimonianza risplenda davanti a tutti perché, come ci ha detto Gesù: “vedano le tue opere buone e glorifichino il Padre che è nei cieli” (cfr. Mt 5, 14-16). Così contribuirai con Gesù, a scoprire e con Lui costruire il Regno di Dio.
✠ Salvatore, arcivescovo