Come ogni anno in questa celebrazione della Messa crismale, dopo che i sacerdoti hanno rinnovato le promesse sacerdotali e prima della benedizione degli oli sacri, il Vescovo invita i fedeli a pregare per i sacerdoti “perché siano fedeli ministri di Cristo sommo Sacerdote e possano condurre il popolo cristiano a Lui, unica fonte di salvezza”. I fedeli laici devono pregare per i loro pastori non solo in questa solenne occasione ma sempre, come i pastori pregano sempre per i fedeli. Lo fa puntualmente ogni giorno anche il Vescovo. Particolarmente alla Messa del mattino, in unione al sacrificio eucaristico, innalzo la supplica per i sacerdoti, le religiose, i diaconi, i seminaristi e tutti i fedeli della nostra Arcidiocesi. La preghiera è contemporaneamente rifugio e strumento dell’unione col Signore sempre, ma particolarmente nel momento attuale in cui insieme allo strappo, talvolta evidente, talvolta impercettibile, provocato da un allontanamento dalla fede pensata e vissuta, il baluardo contro l’imbarbarimento dei rapporti umani, per secoli rappresentato dalla Chiesa, sembra venir meno attraverso piccoli-grandi cedimenti, conseguenza di ben orchestrate manovre spesso infamanti e calunniose organizzate da “poteri forti e occulti” oppure, purtroppo, a causa di oggettivi tradimenti di alcuni sacerdoti o fedeli che distruggono la fede dei deboli. Infatti sappiamo bene, carissimi fratelli, che per chi vive una fede solida che si fonda non sulla simpatia degli uomini ma sulla roccia che è Cristo, anche il cattivo esempio, lo scandalo, la contro- testimonianza di qualche membro del clero, non riesce a scalfire la saldezza dell’unità con la Chiesa che nasce dal fianco squarciato del Crocifisso Risorto.
L’amarezza però resta e non puoi farci molto, ci si può solo affidare al Signore che ci consola: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi darò ristoro” (Mt 11,28). L’amarezza ti blocca, può indurre tristezza, sospetto, tentazione di mettersi all’angolo, di sentirsi giudicato. Può perfino stancarti.
Nell’omelia alla Messa del Crisma di qualche anno fa Papa Francesco, rivolgendosi ai sacerdoti parlò della stanchezza dicendo che “è come l’incenso che sale silenziosamente al Cielo (cfr Sal 140, 2; Ap 8, 3-4). La nostra stanchezza va dritta al cuore del Padre” (2 aprile 2015).
Ricordate l’amarezza di Daniele che al capitolo IX del suo libro esclama: “A te Signore conviene la giustizia, a noi la vergogna sul volto” (9, 7). Ho più volte riflettuto su questo brano; Daniele è innocente, le colpe dei capi e del popolo che hanno provocato distruzione, morte e il lungo esilio a Babilonia non possono essergli addebitate, non dovrebbero quindi scalfirlo. Ma è coinvolto ugualmente nella vergogna del suo popolo e si affida solo alla misericordia del Signore. Quanti sacerdoti segnalati dalla stampa e dai conduttori televisivi per la pubblica riprovazione hanno poi dimostrato la propria innocenza ma i giornali e le trasmissioni che li hanno infangati non hanno speso un rigo o un minuto per ritirare le accuse e chiedere scusa.
Oppure, nel caso di oggettivi tradimenti delle promesse sacerdotali, molti fuori e dentro la Chiesa hanno goduto dello scandalo facendo di tutto per propagarlo, dimenticando che lo scandalo non è prodotto solo dal reo che infrange la legge ecclesiastica (non parlo di quella penale) ma anche da quanti provano piacere a divulgarlo invece di soffrire per la ferita inferta alla Chiesa, Corpo mistico di Cristo.
Viviamo con coraggio i momenti di amarezza e sofferenza che possono provocare disagio impedendo una serena trasmissione della Fede nella quotidiana testimonianza, spalancati ad accogliere la luce della Parola del Signore e pronti a proclamare a tutti che ogni momento è “l’Oggi di Dio” nel quale si compie la Sua Parola.
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio”. Gesù legge e attualizza il brano di Isaia nella sinagoga di Nazaret, noi oggi lo abbiamo ascoltato e lo attualizziamo nella nostra vita. Tutti noi, i fedeli laici in forza del Battesimo, i presbiteri in forza del Sacramento dell’Ordine Sacro, siamo stati unti, cioè consacrati con l’unzione; tutti sacerdoti del Dio altissimo – alcuni appartenenti al sacerdozio comune e altri al sacerdozio ministeriale – siamo chiamati “a portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (cfr. Is 61, 1-2). Vivendo questa apertura del cuore nel quotidiano, ci rendiamo solidali con la passione del Signore che vediamo prolungarsi in tutti i sofferenti e i feriti dalla vita.
Il brano dell’Apocalisse letto come seconda lettura si chiude con la forte affermazione: “Io sono l’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!” (Ap 1, 8). Gesù è il centro della storia dell’uomo, domina il passato, il presente e il futuro. Le cose degli uomini si trasformano, passano, scompaiono. Passerà e scomparirà anche questo momento di amarezza e di disagio che ci coinvolge un po’ tutti; quello che resta a sostenere e illuminare la storia dell’uomo è la Parola del Signore: “I cieli e la terra passeranno, le mie parole non passeranno” (Mt 24, 35).
Concludo con una bella notizia che molti di voi già conoscono. Domenica 22 aprile, IV di Pasqua, detta del Buon Pastore, il nostro diacono transeunte Fioravante D’Amato sarà ordinato presbitero della Chiesa di Capua. Preghiamo per lui accompagnandolo in questo prezioso momento della sua vita e della vita della nostra Chiesa locale.
✠ Salvatore, Arcivescovo